La carne allo spiedo vanta origini molto antiche. Del resto si tratta della tecnica più semplice di cottura della carne che possa venire in mente in assenza di contenitori adatti allo scopo e quindi già conosciuta in epoche preistoriche. Dopo avere utilizzato pietre incandescenti o braci ardenti il passo successivo fu probabilmente quello di infilare i pezzi di carne in un bastone appuntito, simile a quelli usati per la caccia, e lasciarli cuocere lentamente rigirandoli di tanto in tanto senza nessun contatto diretto col fuoco. Idea semplice ma geniale allo stesso tempo che consente una cottura omogenea ed ottimale della carne che viene così rosolata alla perfezione.
Le prime testimonianze scritte sulla tecnica dello spiedo per la cottura delle carni si fanno risalire ai poemi omerici (IX secolo a.C.), in modo particolare all’Iliade dove nel primo libro viene descritta la cottura allo spiedo durante un banchetto di festeggiamenti nelle vicende finali della guerra di Troia. Questa tecnica fu inventata in Oriente e poi diffusa in Egitto, Grecia, Siria, Anatolia, Armenia fino all’antica Mesopotamia.
Dalla Grecia giunse poi fino a Roma in modo particolare nella zona conosciuta come Magna Grecia dove furono importati usi e costumi alimentari dell’Ellade, portando così la tecnica dello spiedo a diffondersi nella cultura romana. Ne parla infatti Virgilio nell’ Eneide ma ci sono testimonianze anche da parte di Cicerone e Plinio il giovane che ci descrivono lance o lunghi ferri appuntiti (chiamati venabulum) nei quali venivano infilzati pezzi di carne posti poi sopra delle braci.
L’evoluzione dello spiedo si ha con i Longobardi, una delle grandi popolazioni straniere a Nord dei confini dell’Impero romano, con i quali il venabulum romano diventa spetus e si diffonde in tutta Italia dal Medioevo in poi. Nelle cucine medievali esistevano infatti spiedi di diversa lunghezza e tipologia in base alla quantità di carne che vi si doveva infilare: erano spiedi ad altezza variabile montati su sostegni di metallo perfezionati poi mano a mano con gli anni. In epoca tardo medievale era particolarmente diffuso il consumo di selvaggina di piccola penna poiché era vietata la caccia di animali selvatici di grossa taglia e lo spiedo era appunto la tecnica privilegiata di preparazione, oltre alla griglia.
Lo spiedo è rimasto una tecnica molto apprezzata soprattutto nel Nord della nostra Penisola tipicamente nella fascia prealpina, nel Friuli Venezia Giulia, in Franciacorta, Val Sabbia e in Lombadia. Brescia in modo particolare vanta una grande tradizione essendo la carne allo spiedo un piatto caratteristico di questa zona e molto apprezzato. Inizialmente era preparato utilizzando soltanto uccellini ed aggiunta di burro, lardo o strutto come condimento mentre col tempo furono introdotte lonza, coppa di maiale, salvia e patate nella tradizione contadina. La versione casalinga – diffusa in tutta Italia – è rappresentata dagli spiedini fatti generalmente con carne di pollo, salsicce ed erbe aromatiche disposti su bastoncini e serviti così direttamente nel piatto. Una delizia facile da preparare ed ottima da gustare in tante occasioni.